domenica 16 ottobre 2016

Portatili: perché ho scelto un Chromebook


Anni fa mi ero deciso ad ‘ammodernare’ il mio super portatile Asus pagato un accidente 5 anni prima e, di fronte a tantissimi modelli equipaggiati già con  quanto mi serviva in commercio ad un prezzo spaventosamente inferiore al mio vecchio notebook, di gran lunga più eleganti, meno faticosi per la vista, più maneggevoli e leggeri di esso, mi ero reso conto che non valeva la pena investire una significativa sommetta per riesumare una vecchia, per quanto validissima, ‘macchina’ e che, viceversa, mi conveniva senza dubbio essere al passo con i tempi.
Nonostante un certo attaccamento al mio primo notebook, avevo capito, dunque, di non rientrare perfettamente tra quella categoria di consumer che avevano fatto la fortuna di Asus nei primi anni di questo secolo e né di coloro che stavano contribuendo a quella, ad esempio, di Apple, il colosso del settore che più di tutti, tanto per l’ingente investimento iniziale richiesto per i suoi prodotti, quanto per le azzeccatissime politiche di marketing e fidelizzazione della clientela portate avanti nei decenni, è riuscito fino ad oggi a far intendere i propri prodotti come beni durevoli veri e propri. Una contraddizione, a pensarci bene, perché sappiamo che una prerogativa del mercato hi-tech è quella che tutto ‘è già vecchio quando è in vendita’ e quanto guidino le scelte dei consumatori la praticità, il design, l’economicità e la possibilità di risparmiare sull’assistenza.

Preso atto di quanto mi convenisse cambiare il mio notebook anziché aggiungerci qualche stecca di ram, una nuova batteria e apportare qualche accorgimento alla scheda grafica, ero però distratto da una nuova tipologia di portatile, il netbook, un mini-portatile (11 pollici) molto accattivante esteticamente e dal punto di vista pratico e dotato di tutto quanto solitamente installato su pc di dimensioni ben diverse. Un portatile concepito soprattutto per gli internauti, con una ram e un disco rigido di dimensioni contenute ma apparentemente più che sufficienti per navigare e lavorare sul web, ma che lasciavano aperte questioni quali la sopportabilità dei nuovi sistemi operativi Windows sul mercato (e soprattutto dei relativi aggiornamenti), la possibilità di installarci su dei programmi professionali e l’eccessiva dipendenza dalla rete. Nel caso mio, inoltre, l’acquisto di uno di questi intriganti (e costosissimi, all’epoca) ‘giocattolini’ implicava anche l’ammodernamento del mio vecchio Asus e la sua consacrazione definitiva a pc ‘fisso’.
Così finì per ripiegare su un notebook, un Acer Aspire sottilissimo da 15,6 pollici, dal design molto piacevole ancora oggi, color alluminio, con 4 GB di ram, 500 GB di disco fisso, un peso di poco superiore a 1,5 kg, trasportabile facendo presa anche con due sole dita, senza limitazioni per quanto riguarda il posizionamento di fronte allo schermo in fatto di visibilità, con un lettore/masterizzatore cd potentissimo e dotato di ogni tipologia di porta e accesso per periferiche, penne usb, cavo hdmi e altro.
Costo dell’operazione 499 euro, la metà del tfr che mi era stato liquidato a seguito delle dimissioni presentate presso la mia vecchia azienda, ed un unico limite evidenziatomi dal ‘commesso’ del Mondadori Store dove avevo concluso l’affare: un modesto processore targato Intel, che però non m’avrebbe penalizzato in tutto ciò che c’avrei fatto.

Devo ammettere che l'acquisto, di fatto, m’ha dato inizialmente tante soddisfazioni. Come 'aspirante' blogger, web editor e, in generale, utente che ha beneficiato di un bel po' degli strumenti che identifichiamo nel calderone ribattezzato anni fa come web 2.0. Come appassionato di Championship Manager 01/02 (ricorrendo a driver per Windows 95 e 98). Come emigrante che si trascina dietro il suo notebook per utilizzarlo in treno, in aeroporto e dovunque si muova durante le ferie estive e natalizie. Come internauta appassionato di cinema e musica, sempre alla ricerca quindi di un modo che consenta di recuperare online titoli e opere degne di nota senza violare leggi o compromettere il funzionamento del proprio pc. Come trader occasionale e autodidatta da sempre.
Il limite che si è evidenziato a meno di due anni dall’acquisto è stato tuttavia il suo surriscaldamento. Cosa che mi ha preoccupato molto più seriamente del calo della durata delle batterie (da 6 a 2 ore) iniziato già durante il primo anno di vita.
Ciò mi ha costretto infatti ad evitarne l’utilizzo poggiandolo, ad esempio, sulle gambe o su una superficie soffice e calda (divano o letto) e alla distanza, pena il blocco del funzionamento per il raggiungimento di temperature insopportabili anche per l'utente, ad usufruire di una base con un sistema di ventole per lavorarci senza troppi timori di ‘rimanere a piedi’. Cosa che, insieme al progressivo allungarsi dei tempi di avvio che ho riscontrato anno dopo anno (e aggiornamenti dopo aggiornamenti), mi ha spinto a considerare il notebook quasi come un pc fisso, una workstation che sempre più di rado mi ha seguito durante le mie traversate dello stivale e, addirittura, i mie spostamenti dentro casa.
Un ‘difetto’, inoltre, che ho scoperto essere stato riscontrato su tutta una serie di modelli Acer e che oggi riguarda gran parte dei portatili in circolazione (complice Windows, processori sempre più potenti, aggiornamenti vari e compattezza estrema dei nuovi modelli), e non solo quelli di fascia economica o media. Un "problema" che, con i dovuti accorgimenti, non mi ha impedito di sfruttare al meglio le potenzialità del pc e di lavorarci, giocarci e usarlo per un'intensa attività di dowloading, magari spesso contemporaneamente e leggendo anche qualche pagina web, ma che mi ha fatto riflettere più volte sul senso di mobilità che avrei voluto asssociare ad un notebook.

Ed ecco che ho ricominciato a guardare con occhio più clinico quanto trovavo nei negozi fisici e su quelli online in fatto di dispositivi mobile che più si avvicinassero ad un notebook tradizionale. Ecco i tablet, sempre più sofisticati e sottili, ai quali andrebbe aggiunto però un tastierino e con ciò non otterrei comunque ciò che idealmente stavo cercando. Ci sono i convertibili, molti montano una tastiera "ad incastro" che in fatto di funzionalità e performance non ha nulla da invidiare a quelle fisse dei notebook, ma, mi chiedevo, quanto lo utilizzerei un affare del genere soltanto in versione tablet? Eppue su qualche modello Huawei un pensierino stavo per farcelo, ma credo ancora ora, dopo aver cambiato idea, che a indirizzarmi fossero più le gradevoli linee e il piacevole design con cui la casa cinese riesce a rendere accattivanti i suoi prodotti che il desiderio del tipo di oggetto in se. Un compromesso sembrava essere rappresentato da qualche notebook da 11 o 13 pollici con in dotazione un sistema Windows antecedente al 10, divenuto l'incubo di ogni utente di un personal computer ben prima dl suo lancio e delle prime notizie circa i suoi mastodontici aggiornamenti. Ma ero diffidente sull'utilizzo che ne avrei fatto e sulle pretese che avrei avuto da un portatile con su tutto ciò che avrei montato su un modello di dimensioni maggiori ma destinato, stando alle recensioni che avevo letto e alle varie consulenze richieste in giro tra gli espositori dei negozi, ad essere poco performante se utilizzato davvero a pieno regime (vale a dire spaziando troppo spensieratamente tra navigazione, operatività con eseguibili, videogame e downloading).

La vera soluzione ideale, quella che "non sbagli mai", era diventata (guarda caso, come anni prima) l'acquisto di un altro notebook tradizionale da 15 o più poliici, magari con 8 GB di Ram e 1 Tera di memoria di massa, scheda video anche sopra la media, display full HD, come alcuni Lenovo in commercio nei grossi centri specializzati sotto i 500 euro o un ottimo HP ogni tanto in offerta intorno alla stessa cifra su Amazon. Era la soluzione che credevo avrei adottata anch'io, ma continuavo a cercare tra i tablet e i notebook in formato mini, imbattendomi anche in un'alternativa che non avevo assolutamente preso in considerazione, i Chromebook. Portatili dotati del sistema di Google, Chrome Os, dunque non utilizzabili con eseguibili e software di parti terze, apparentemente chiusi ma in realtà con tutto il mondo Chrome a portata di mano e sempre pronti all'utilizzo, perfetti per la mobilità in quanto leggerissimi, veloci e performanti, privi di tutto l'impianto fisico titpico di un notebook tradizionale che va ad impattare sull'avvio dello stesso, la rapidità di esecuzione dei comandi, il riscaldamento della macchina e la durata della batteria e caratterizzati tutti da un rapporto qualità/prezzo di tutto rispetto. Iniziavo a guardare con curiosità e, al contempo, scetticismo questa possibile nuova via e credevo fosse la meno percorribile, forse la più rischiosa di tutte, se non altro per la forte dipendenza culturale dall'ambiente (e dalla cultura) Windows che tanti anni passati davanti al pc credevo di aver sviluppato. Timore che in realtà si è dimostrato un vero e proprio preconcetto sgretolatosi già al primo accesso al chromebook che poi ho scelto ed ordinato online.

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