martedì 9 febbraio 2016

Mercato dei cambi: un po’ di storia (parte 2)


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Dopo la guerra in Vietnam e, in generale, il forte indebitamento raggiunto dagli Stati Uniti per finanziarie conflitti bellici, sorreggere l’espansione delle proprie multinazionali e, in generale, far fronte all’aumento delle richieste di conversione in dollari delle riserve in oro, il sistema entrò in crisi e il 15 agosto 1971, come anticipato, il presidente Richard Nixon, a Camp David, una delle residenze del primo cittadino Usa (nota soprattutto per il trattato di pace raggiunto tra Egitto e Israele nel 1978 con Jimmy Carter alla Casa Bianca), annunciò la sospensione della convertibilità del dollaro in oro e l’introduzione di una tassa sulle importazioni negli Usa pari al 10%.
A dicembre dello stesso anno il G-10 siglò a Washington lo Smithsonian Agreement, decretando ufficialmente la fine degli accordi di Bretton Woods.
Con l’accordo raggiunto presso lo Smithsonian Institute si stabilì una svalutazione del dollaro del 7,9%, fissando un tasso di cambio con l’oro pari a 38 dollari per oncia ma senza ripristinare l’obbligo della Fed di scambiare dollari in oro sospeso da Nixon. Il nuovo trattato abolì la tassa sulle importazioni voluta pochi mesi prima da Nixon e modificò i tassi di cambio tra le altre monete stabilendo una banda di oscillazione del 2,25% intorno alle nuove parità.
Fondo monetario internazionale e Banca mondiale (l’evoluzione della BIRS), pur nate per vigilare su un sistema di cambi fissi tra le valute, tutte agganciate al dollaro, il cui valore era a sua volta legato all’oro, restavano in vita per garantire la liberalizzazione del commercio internazionale e la tenuta del sistema monetario.

Poco più di un anno dopo, nel febbraio del 1973, complici  gli shock petroliferi che si intensificheranno l’anno successivo e l’aumento della domanda di dollari correlata alla dimensione economica raggiunta da Francia e, soprattutto, Germania e Giappone,  Paesi per i quali le restrizioni commerciali imposte loro dopo la fine del secondo conflitto mondiale stavano affievolendosi, ogni legame tra dollaro e valute estere, e lo standard aureo in generale, venne definitivamente abbandonato: il sistema dei cambi a livello globale divenne flessibile (una fluttuazione controllata dalle Banche centrali), con il conseguente venir meno di un caposaldo del capitalismo moderno, la centralità sovrana degli Usa, e, dunque, del dollaro.
Nel gennaio 1976 a Kingston (Giamaica) il sistema dei cambi introdotto con gli accordi di Bretton Woods subì ancora un’ulteriore drastica revisione, accogliendo il principio che i tassi di cambio dovessero adeguarsi alle esigenze (mutevoli) della politica economica interna dei singoli Stati.
(continua.....)

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